Qualche tempo fa andava molto di moda: definire il turismo ” il nostro petrolio “. Frase semplice e ad effetto, per descrivere in poche parole come il Paese abbia e abbia avuto grandi opportunità di crescita e sviluppo, legate alla sua indiscutibile bellezza….
Innumerevoli sono le testimonianze di quanto l’Italia non abbia saputo sempre valorizzare le meraviglie storico artistiche, naturalistiche e paesaggistiche che l’hanno resa celebre – giustamente – nel mondo. Ciascuno di noi ha potuto sperimentare quanto siano più efficienti i servizi, i musei, i parchi oltre confine, ma non è una novità. Se inadeguatezza c’è – e c’è – è riconducibile al generale divario che si può riscontrare in tanti ambiti tra l’Italia e le migliori esperienze disponibili in Europa.
Basta leggere qualche articolo di giornale, qualche studio o statistica – o anche solo avere esperienza delle moltitudini di persone che frequentano le nostre città d’arte più famose – per avere la cognizione di quanto l’Italia, nonostante alcune carenze, sia amata e desiderata, di come la Toscana sia una meta ambita e sognata, al vertice delle destinazioni preferite dai viaggiatori.
Dunque, tutto bene: il turismo è il nostro petrolio, basta saper aggiustare il tiro, saper coltivare adeguatamente i pozzi. Oppure no?
Lenti, ma inesorabili, sono i segnali che qualcosa, in questo modello, in questo immaginario che fa del turismo una fabbrica di crescita e sviluppo, così come a suo tempo è stata l’industria petrolifera, non torna. (Oggi, lo sappiamo bene, proprio su questo fronte stiamo scontando una colpevole, gravissima, disinvoltura, ma è un altro discorso….).
Città amatissime e celeberrime si spopolano: succede a Venezia, a Firenze, a Pisa (ma anche a Barcellona)…Muta il commercio, cambiano gli scenari urbani, i paesaggi. Piccoli centri abitati sono scossi ad una pressione inattesa, fuori scala: succede a Taormina, a Volterra, a San Gimignano. I rifugi alpini non reggono le presenze, collassano.
Però soldi a cappellate? Investimenti come se non ci fosse un domani per accogliere degnamente i cercatori di bellezze italiche? Beh, no.
Non c’è sempre un saldo positivo, senza ombre: di fianco a borghi e città prese d’assalto si assiste al lento declinare di altri territori, non certo meno belli, solo meno celebri, raccontabili o raccontati, meno cinematografici o meno inseriti nei “gran tour”. L’economia del turismo di massa lascia troppo poco a pochi e chiede molto, moltissimo a tutti. Si pone, anche qui, il problema della sostenibilità: accogliere, motivare, redistribuire, destagionalizzare, trasformando la sola presenza in esperienza di permanenza…non è facile, ma si può e si deve fare.
Condividiamo dunque buone pratiche, casi di studio, opportunità colte e mancate, con l’auspicio di essere micro punto di riferimento per chi, invece del turismo-petrolio, immagina un turismo-ecosistema.